Attraverso l’architettura si esibiscono forme fortemente evocative degli elementi sessuali femminili implicati nel processo della rigenerazione della vita: l’ipogeo diventa così una sorta di ardita trasposizione dalla sfera concettuale a quella strutturale, idonea a consolidare la formulazione di una tematica religiosa.
Queste maestose copie in pietra del grembo femminile imitano nei dettagli il profilo degli organi riproduttivi della donna: il dromos è un’apertura nel terreno che suggerisce la forma di una vulva, lo stomion è difficoltoso da percorrere quanto il canale del parto, con la cupoletta apicale che sembra ricordare la cervice uterina; la sala ha dimensioni capaci e avvolgenti come l’utero della terra, il luogo della rinascita.
Gli ipogei monumentali costituirebbero, altrimenti, la metafora del passaggio di stato dalla morte fisica alla rinascita: penetrando in un ipogeo si simulava un atto di fecondazione, uscendone si replicava quello di venire al mondo.