Progetto
Articolo pubblicato dalla pagina “La Puglia che nessuno conosce”
“𝗟𝗮 𝗣𝘂𝗴𝗹𝗶𝗮 𝗰𝗵𝗲 n̶e̶s̶s̶u̶n̶o̶ ̶c̶o̶n̶o̶s̶c̶e̶ 𝗽𝗼𝗰𝗵𝗶 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗼𝗻𝗼 (𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗳𝗼𝗿𝘁𝘂𝗻𝗮)”
Forse Trinitapoli non è negli itinerari venduti un tanto al chilo ai turisti che sciamano in Puglia, e ciò potrebbe anche essere una fortuna. Ma vale la pena sapere che vi si trova il Museo Archeologico degli Ipogei, uno dei pochi musei italiani a contenuto tematico, nonché il contesto (dapprima cultuale e poi anche funerario) di provenienza dei reperti, ovvero il Parco archeologico degli Ipogei, insieme a tutte le storie di un’aristocrazia indigena abituata al lusso e di una società che nel II millennio a.C. onorava e celebrava la Dea Madre.
Il parco regala una suggestione inaspettata. Il popolo che nell’età del Bronzo, consacrandoli alla Madre Terra, scavò in territorio di Trinitapoli almeno 15 ipogei (tra minori e monumentali) replicava idealmente e concretamente il concetto di tempio-grembo, evocando la metafora della ri/nascita. Lo 𝘴𝘵𝘰𝘮𝘪𝘰𝘯, lungo corridoio basso e stretto (difficile da percorrere almeno quanto il canale del parto) diventa metafora del passaggio, della rigenerazione, del “venire al mondo” dopo la morte fisica.
Nel museo i miei reperti preferiti sono i gioielli e gli ornamenti femminili che accompagnavano le deposizioni, soprattutto le collane – antiche ma modernissime – composte da vaghi in osso, ambra e pasta vitrea. Il corredo funerario della “Signora delle Ambre” è la prova del suo alto rango e di questa bellezza senza tempo: se non la conoscete, andate a trovarla.
[La Puglia che nessuno conosce ve lo racconta nella sez. VIII – Riscoperte, pp. 197-199]